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Non si tratta di Halloween

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(https://www.youtube.com/watch?v=9W5RD0-9H-A)_ Falò e teste del purgatorio: è questo il significato di “Fucacoste e cocce priatorije”, la notte dei cento fuochi, delle zucche-lanterna, la notte più lunga dell’anno per Orsara di Puglia. Qui, nel cuore verde della provincia di Foggia, la sera del 1°novembre si infiamma e si accende fino al mattino seguente. In ogni via, vicolo e piazza ci sono falò, tavole imbandite all’aperto, musica. Non si tratta di Halloween (che per altro si festeggia il 31 ottobre, ndr), ma di un evento che mette in evidenza l’illuminazione della fede, il ricordo dei defunti, il gusto genuino di stare insieme condividendo un momento di comunione caratterizzato dalla magia autentica del legame misterioso tra il mondo dei vivi e quello di quanti vivono nella nostra memoria.

Un tempo, nelle vie di pietra del borgo orsarese, davanti ad ogni uscio di casa, si usava porre dell’olio in una bacinella piena d’acqua sormontata da un treppiede con una lampada: alla fioca luce della candela, si poteva assistere, secondo i vecchietti, alla sfilata delle anime del purgatorio. Per le strade di Orsara di Puglia, durante tutta la notte del 1° novembre risuona il crepitio delle ginestre e in ogni angolo arde un falò. Elemento caratterizzante dei fuochi è la ginestra, un arbusto che, in fiamme, si volatilizza facilmente, mostrando ai nostri occhi il legame tra cielo e terra. Solo a Orsara i ”fucacoste” si accendono la sera del primo novembre: per tutta la notte ardono numerosi, caldi, luminosi, a creare un’atmosfera di magico incanto. Vicino alle abitazioni si appendono le zucche antropomorfe con una candela accesa all’interno e le vecchiette, prima di andare a letto, prendono dal falò un po’ di brace e la portano in casa, deponendola nel camino o in un braciere.

E’ convinzione che le anime dei defunti, tornando fra i vivi, facciano visita ai parenti e tornino alle dimore dove avevano vissuto, si riscaldino e continuino il loro peregrinare per tutta la notte. Secondo la credenza popolare, la zucca accesa avrebbe fatto ritrovare al defunto la casa dove era vissuto, proprio come fece Demetra per far ritrovare la strada a Persefone. In onore dei defunti, si consumano cibi poveri ma simbolici: il grano lesso condito col solo mosto cotto, le patate, le cipolle, le uova e le castagne cotte sotto la brace. Niente streghe, dunque, niente maschere e figure grottesche, piuttosto la conservazione del primordiale senso della festa di tutti i Santi, quella istituita il 13 maggio del 609 da Papa Bonifacio VIII quando la Chiesa sovrappose un’interpretazione cristiana a una pratica di origine pagana. La mattina del 1° novembre, i visitatori avranno a disposizione gratuitamente il servizio delle guide turistiche per addentrarsi tra i segreti e lo splendore dell’Abbazia di Sant’Angelo, la Grotta di San Michele, il Museo diocesano e il centro storico.