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Il mito di Dauno

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La Puglia, in quanto terra di approdo e di conquiste, di arrivi e di partenze, nata dal mare, ma ben legata alla terraferma, è stata fin dall'antichità al centro di varie emigrazioni di popoli e di gente provenienti dalle opposte sponde dell'Adriatico, là dove le civiltà si sono susseguite per la presenza di popoli di origine indoeuropea. Fra questi popoli dobbiamo ricordare gli Illiri, che occupavano, in età classica, il versante occidentale del massiccio dei Balcani, dall'estremità settentrionale del mare Adriatico fino al retroterra del golfo di Valona, e a nord fino alle Alpi Orientali e al Danubio, mentre ad Oriente essi occupavano anche alcune zone poste al di là dei Balcani. Le più antiche tracce della penetrazione degli Illiri sono state rinvenute a Pazhok, nell'Albania centrale, da dove, probabilmente, in successive ondate emigratorie, giunsero in Puglia, o per scambi commerciali o spinti da altri popoli provenienti dall'interno della penisola balcanica. Queste popolazioni vivevano ai confini con gli insediamenti greci, da cui avevano assimilato la civiltà. Non per altro si parla di una origine cretese degli Illiri. Fra le varie tribù in cui erano divisi le popolazioni illiriche troviamo i Liburni e gli Iapigi. Queste ultime popolazioni, nel XII secolo a. C., al tempo della guerra di Troia, si spinsero in Puglia, al comando del loro capo Iapige, personaggio alquanto mitico, per le sue gesta in terra appula. Di questo personaggio si hanno due tradizioni. La prima ritiene Iapige figlio di Licaone e fratello di Daunio e di Peucezio; la seconda lo ritiene figlio di Dedalo e di una donna cretese, giunto in Sicilia e poi in Italia meridionale in seguito agli avvenimenti che accompagnarono la morte di Minosse. Iapige, seconda la tradizione cretese, passava per essere stato il capo dei Cretesi che avevano seguito Minosse, allorché, dopo la morte di quest'ultimo, tentarono inutilmente di ritornare in patria. Gli Iapigi sbarcarono in Puglia ad ondate successive. All'inizio, probabilmente, il loro primo capo fu Iapige, le cui imprese determinarono, successivamente, la denominazione all'intera regione della Puglia, tanto che essa venne chiamata Iapudia, cioè terra degli Iapudi, che su bocca sannitica (osca) con lambdizzazione del d diventa Apulia e su bocca greca diventa Iapygia. Insieme ad Iapige, giunsero in Puglia i suoi fratelli Dauno e Peucezio, i quali si stanziarono rispettivamente a nord della Puglia, nell'attuale Daunia e al centro, nella zona che confina con l'attuale Terra di Bari, a partire dalla linea Ruvo-Gravina, per giungere a ridosso di Taranto. Questa zona venne chiamata Peucezia; mentre gli Iapigi veri e propri si erano stanziati più a sud, nel Salento, dando a Capo di Leuca il nome di Japix. Queste popolazioni iapigie prenderanno in seguito il nome di Messapi. Gli Iapigi, la cui popolazione aveva una sua unità etnica e culturale, oltre che linguistica (il cosiddetto messapico) e religiosa, di cui le sole differenze che si notavano col tempo erano dovute ai diversi influssi subìti dai rapporti con i vicini, trovarono in Puglia una civiltà di tipo tardo-appenninico, dovuta a popolazioni ausonie (gli Ausoni), già parlanti una lingua protolatina. Con la cacciata degli Ausoni verso la Sicilia, gli Iapigi si insediarono in tutta l'area pugliese, giungendo fino a Crotone nella parte sud e fino a Benevento nella parte ovest. L'espansione rapida ed efficace degli Iapigi fece nascere diverse leggende, che interessarono specialmente i loro capi, che in breve divennero veri e propri eroi, degni di venerazione e di culto. Del resto, afferma E. M. DE Iuliis, "il valore del mito come fonte storica, sia pure arricchita e distorta da elementi fantastici, non si può negare aprioristicamente e in senso assoluto, tuttavia vanno distinte con estrema cautela la tipologia e l'origine di ogni singola narrazione leggendaria" (De Iuliis 1998, p. 17). Fra i vari personaggi che vennero in Puglia verso la fine del II millennio dobbiamo annoverare il re Dauno, il quale occupò, come abbiamo detto, la parte nord della regione, i cui territori nell'antichità comprendevano oltre che l'attuale provincia di Foggia, una porzione della provincia di Bari, che andava da Canosa a Ruvo e a Minervino Murge, verso l'interno; infine il Melfese, con i centri intorno a Melfi, Lavello e più a sud, Banzi. Secondo la tradizione Dauno avrebbe allargato il suo regno verso ovest, lungo le valli più agevoli, oltre Bovino, per poi occupare il territorio di Benevento ed espandersi verso la Lucania. A tale proposito Plinio (3, 104) afferma che un re daunio di nome Calchante condusse i suoi guerrieri alla conquista degli Atinates (Atina, Atena Lucana, che si affaccia sul Vallo di Diano). Il re Dauno, per assoggettare l'intera regione, dovette far guerra alle popolazioni indigene, restie ad accettare una nuova dominazione. Ma chi era veramente Dauno, il quale diede il nome all'intera regione settentrionale della Puglia e da cui nacque una fiorente civiltà che va sotto la denominazione di civiltà daunia? Secondo la tradizione Dauno era, come abbiamo detto, uno dei fratelli di Iapige e Peucezio. Dopo aver assoggettato la parte settentrionale della Puglia, egli, con l'aiuto di Diomede, avrebbe intrapreso il progetto di occupare le terre dei Messapi, promettendo a quest’ultimo metà del regno e la mano di sua figlia. Una tradizione tardiva parla di dissensi tra Dauno e Diomede. Quest'ultimo sarebbe stato ucciso dal primo. L'arrivo di Diomede, reduce dalla guerra di Troia, sta a significare che in Puglia erano cominciate ad arrivare migrazioni di gente micenea. Inoltre nel racconto di Diomede è possibile vedere un'eco delle lotte tra indigeni o, meglio, tra gruppi gentilizi locali assurti a entità etnica, e tra indigeni e colonizzatori greci (Dauno contro Diomede): lotte che non si limitarono solo al possesso di terre, ma anche ad ostacolare la penetrazione di culti estranei all'ambiente religioso autoctono, come quelli di Calcante e di Podalirio, che, come vedremo, finirono segregati nel Gargano. Da un punto di vista linguistico Dauno deriverebbe dall'ide, Dhaun (strangolatore, donde lupo) e quindi è un totemico, in quanto rispecchia bene quella situazione storico culturale di comunità intese a difendere il bestiame dai lupi delle foreste garganiche e dei monti circostanti, che a nord-ovest costellano la Daunia. In genere i Dauni, come gli Iapigi, all'inizio della fase emigratoria, occuparono le terre, con lo scopo di razziare tutto ciò che incontravano. Successivamente, una volta stabilitisi sul territorio, dovettero ricostruire le antiche borgate, cingendole di poderose mura di difesa, formate da pietrame, come nel caso di Monte Saraceno, oppure circondate da difese naturali, come nel caso di Salapia, con le sue lagune marine. Se nella prima fase emigratoria detta "pannonico-balcanica" abbiamo la sola presenza della tribù degli Iapigi, nella seconda fase abbiamo la presenza della tribù dei Liburni, che si stanziarono prevalentemente nella zona di Cupola, in territorio sipontino, dove abbiamo trovato strette affinità strutturali con quelle liburniche. La civiltà daunia raggiunge il suo massimo sviluppo nel VI secolo, allorquando l'intera subregione presenta una sua unità culturale manifestatasi specialmente sul piano della produzione artistica, oltre che culturale e religiosa. Della prima forma culturale fanno parte i prodotti in ceramica, il cui stile viene detto "geometrico dauno". Tale produzione prende le mosse dal protogeometrico japigio della fine del II millennio a. C., influenzato dai modelli elaborati in area ellenica e transadriatica, per poi evolversi nell’età del Ferro sino a tutto il IV secolo a. C., secondo linee e modelli autonomi, conquistando, attraverso le esportazioni particolarmente attive tra l’VIII e il VI secolo a. C., il gusto dei mercati stranieri ed in modo particolare quello illirico, tanto da contribuire in maniera notevole alla floridezza della regione. ...